martedì 10 maggio 2011

in cui la mia storia finisce e inizia qui

questa mattina mi sono svegliata alle tre e non sono più riuscita ad addormentarmi. esattamente un anno fa passavo la notte in una stanza del pronto soccorso dell'ospedale san carlo di milano assieme a un'anziana in stato di incoscienza e una ragazza che aveva appena tentato di suicidarsi. non avevo dormito nemmeno un minuto, sdraiata sulla barella, perché di mettermi in un letto ancora non se ne parlava, muovevo freneticamente le dita dei piedi con tutto il mio corpo attento al minimo accenno di formicolio. formicolio significa che ci sono problemi al midollo osseo, problemi al midollo osseo significa che ci sono problemi alle gambe. al camminare.
quella è stata la notte più lunga della mia vita, tanto lunga da arrivare a questa, di notte. a svegliarmi alle tre e a farmi passare le restanti quattro ore davanti alla tv nel tentativo di distogliere la mia attenzione da quello strano peso sul petto che, ora che c'è luce, si fa sentire meno.

è passato un anno ed è stato un anno vissuto con la voracità di chi, tornata a casa dopo 11 giorni di ospedale senza sapere se avrebbe camminato ancora, si guarda intorno e pensa che avrebbe potuto non tornare più a casa.

qualcuno pensa, no anzi, tu pensi che io ingigantisca questo incidente, questo piccolo incidente accaduto una domenica qualunque e finito tutto sommato bene. ma quelle ore sono state le più strazianti e, se la mia testa le ha eliminate, il mio corpo ne porta ancora il peso quando mi sveglio di notte e non riesco a tenere ferme le gambe, ostinate nel loro ribadire che funzionano. funzionano benissimo.

l'incidente ha cambiato tante cose, in primis ha arrestato, almeno per i primi sei mesi, la mia insoddisfazione cronica, facendomi credere che per vivere bene basta essere consapevoli della fortuna che abbiamo nell'essere solo e soltanto vivi. per sei mesi essere viva mi è bastato, poi l'insoddisfazione è tornata a farsi sentire, e con lei nuovi obiettivi, nuovi traguardi, nuovi ostacoli da impormi e da superare.

la vita, quella giusta, quella di cui parlano gli shins in new slang, dev'essere qualcosa a metà tra l'accontentarsi di poter respirare ogni santo giorno e il non accontentarsi. di chi non ti ama abbastanza, di non amarsi abbastanza.

a gennaio ho scritto in una mail e sulle ultime pagine di un'agenda i miei 5 buoni propositi per il 2011. ne ho raggiunti 4, il quinto saprò se l'avrò raggiunto a giugno. non c'è molto altro da dire. anzi, comunque vada non c'è più altro da dire, non qui.

(ma qui sì)

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