martedì 8 marzo 2011

in cui non compro ergo sto benissimo

all'inizio di febbraio ho fatto un esperimento: vediamo se riesco a stare un mese senza comprare nulla. dall'elenco degli acquisti proibiti ho escluso: il cibo, il cinema (niente pop corn nè m&ms però), il ristorante una volta a settimana, l'abbonamento dei mezzi e le spese mediche.
ha funzionato,
e ha funzionato così bene che ieri, 7 di marzo, ho deciso di scoprire se riesco a resistere per il secondo mese di fila.

per rimanere in tema, sabato ho trovato casualmente in biblioteca io non compro di judith levine, e la sua lettura si è rivelata più interessante di quanto pensassi. judith, giornalista, ha provato a non comprare nulla per un anno. impresa a parte, il libro è piacevole da leggere e pieno di riferimenti a economisti che non sono convinti - anzi - che per mandare avanti un paese si debba necessariamente comprare.
"c'è un tipo di consumismo che douglas b. holt, un professore di pubblicità all'università dell'illinois, definisce postmoderno. nel mercato postmoderno 'la vita agiata non dipende dal possesso di oggetti che conferiscano uno status. essa dipende piuttosto da un progetto infinito e auto-prodotto. l'idea è quella di muoversi in continuazione attraverso le esperienze, le cose e i significati, per giocare con diverse identità consumando beni e servizi associati a quelle identità".
pur essendo convinta che in italia possedere determinati oggetti (blackberry, iphone, ipad, televisore ultrapiatto e magari un bel suv) sia ancora visto come un passo fondamentale per affermare il proprio status, penso al mio ex capo, che blaterava di come fosse importante trasformare se stessa in un brand. lentamente, inesorabilmente, stiamo diventando noi stessi merce. gli oggetti di cui ci circondiamo faranno sempre più la parte degli optional con cui migliorare le prestazioni (e l'immagine) del prodotto 'io'.

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