lunedì 17 gennaio 2011

in cui ho un buco nel cuore

nella mia testa, in quella testa che ultimamente è diventata un posto molto solitario e privato, tu torni sempre. torni e mi dici: madonna santa, ma come ho fatto senza di te per tutti questi mesi? ma quale enorme errore ho commesso tagliandoti fuori dalla mia vita? come ho potuto pensare anche solo per un secondo che tu non fossi fondamentale per me?

una delle cose che ho imparato, la prima volta che mi è stato spezzato il cuore, è che non siamo fondamentali per nessuno. siamo sostituibili, umani, fallaci e mortali.

nella mia testa non mi telefoni, ma ti presenti sotto casa mia (nonostante io abbia cambiato indirizzo e non si capisce come tu possa sapere dove abito ora: ma lo sapresti comunque).

dicevo: ti presenteresti sotto casa mia in uno di quei rari giorni in cui, girando la chiave nella toppa del cancello, non mi auguro di trovarti proprio lì, o sulla rampa delle scale, accoccolato sull’ultimo gradino. in uno di quei giorni in cui non penso a te, ti ritroverei davanti a me e sarei così felice di vederti che ti allungherei la borsa della spesa e ti direi vieni dentro che mangiamo qualcosa e non dove cristo eri finito bastardo di un migliore amico del cazzo che non sei altro.

e saliremmo le scale assieme chiacchierando come chiacchieravamo con affanno ed eccitazione dopo ogni litigio, dopo ogni lungo silenzio, con la stessa naturalezza che ha avuto ogni nostra conversazione dal primo giorno che ci siamo visti all’ultimo giorno in ospedale, prima che te ne andassi dicendomi ti vengo a trovare quando torni a casa e poi non non sei più venuto, a trovarmi.

nella mia testa il dolore ha assunto la forma di un chiodo smussato, arrugginito e solo vagamente fastidioso. un po’ come la vertebra L1 ora irrimediabilmente scheggiata che mi porterò dietro per sempre: posso camminare, posso nuotare, posso piegarmi e fra qualche mese potrò tornare anche a correre. a quanto pare con una vertebra scheggiata si possono fare tante cose, anche i tuffi a bomba, tra qualche tempo.

immagino sia lo stesso anche con un buco nel cuore: a un certo punto non te ne accorgi più, il tuo corpo impara a conviverci, e arriverà il giorno in cui avrò cambiato così tanti appartamenti che sarà impossibile sperare di trovarti di fronte al cancello ad aspettarmi. avrò messo il tempo – perché i chilometri, lascia che te lo dica, non funzionano – tra di noi e il tempo avrà smussato come l’acqua la punta del chiodo.

ma per ora convivo con il buco che quel chiodo ha fatto. un buco che si fa sentire soprattutto quando cambia il tempo. dentro e fuori.

2 comments:

Anonimo ha detto...

è come in Off He Goes. la cosa peggiore è non capire se fa più male quando se ne va, il bastardo di un migliore amico del cazzo, oppure quando ritorna..
complimenti per il blog, e in bocca al lupo :)


Giulia

Anonimo ha detto...

migliore? peggiore? ebbasta!

 
Web Statistics