in cui (non) sarà un'avventura

in un momento imprecisato tra l'accettazione al pronto soccorso e le dimissioni dal reparto di traumatologia ho promesso a me stessa che non mi sarei mai più lamentata della mia vita per evidenti ragioni legate a una fiat punto che aveva scaraventato me e la mia bici in mezzo a una risaia.
ho mantenuto la promessa ma, se devo essere sincera come solo in un blog pubblico si può essere, comincia a insinuarsi nella mente la mia domanda preferita, quella che i miei genitori hanno innestato nella mia testa fin da piccola, quella che mi hanno insegnato ad alimentare e a coltivare finchè non si fosse moltiplicata in centinaia e migliaia di piccole domande identiche a lei.
la domanda in questione è: perchè.
se per la maggior parte delle persone il numero dei perchè è inversamente proporzionale all'età, per me il grafico ha sempre funzionato diversamente, segnalando un'allarmante proporzione diretta tra la mia età e il numero di perchè che sono in grado di formulare in una giornata.
perchè sto facendo questo lavoro, perchè esco con queste persone, perchè non esco con queste altre persone, perchè questo progetto di vita, perchè avere un progetto di vita, perchè partire, perchè rimanere. perchè vivere questa vita. perchè vivere.
queste sono solo alcune delle domande che si sono accalcate nella mia testa nel viaggio di ritorno di oggi, rompendo la promessa che mi ero fatta cinque mesi fa.
niente più perchè.
perchè i perchè portano consapevolezza e la consapevolezza è la porta d'ingresso principale per l'insoddisfazione.
e non c'è tempo non c'è spazio per essere insoddisfatti. perchè la soddisfazione assieme al battito del cuore, alle gambe e agli occhi te la potrebbero portare via prima che tu l'abbia raggiunta.
mi sono tirata indietro.
per una volta, per la prima volta, mi sono rifiutata di alimentare i perchè che si erano accumulati nella mia testa.
ho comprato un biglietto aereo, invece.
un biglietto di andata e ritorno.
chissà che il prossimo non sia senza ritorno.