mettiamo subito le cose in chiaro: non sei mai stato bello quanto michele riondino.
e io non ho mai studiato letteratura russa a venezia, è vero.
eppure alle volte è così facile riconoscersi nei protagonisti di un film.
anche se non avrei mai pensato di riconoscermi nella protagonista di un film italiano.
e invece,
e invece sono qui, a film finito, a contare i nostri di inverni. ma al contrario di quelli di valerio mieli, i nostri li confondo, li mischio uno con l'altro, non ricordo più quando è successo cosa.
ho provato tante volte a metterli in fila, in ordine cronologico, e l'ho fatto per un solo motivo: perchè di noi due non ho altro che ricordi. non una foto insieme, non degli oggetti. giusto una maglietta, qualche canzone di troppo e la mia memoria - che sappiamo entrambi essere fallace.
i nostri, di inverni, sono nove. ne conto nove anche se sono otto, anche se avrei voluto fossero dieci, e poi undici e poi dodici. ma ho come l'impressione che questo inverno, quello già passato, sia stato l'ultimo, quello in cui ci siamo giocati fino all'ultima goccia della nostra amicizia.
ancora non capisco perchè,
nè sono in grado di pensarci. se ci penso troppo finisce come quella notte in cui non ho dormito, e il cuore batteva infuriato.
i nostri otto inverni sono iniziati nel 2001, ricordo ancora la prima volta che ti ho visto.
il nostro primo inverno abbiamo ascoltato i modena city ramblers suonare nell’auditorium di radio popolare, avevamo due birre e ci bastavano.
il secondo inverno lo abbiamo passato a studiarci da lontano, mentre le nostre vite andavano avanti,
il terzo ci siamo confessati di fronte a una sangria alla cannella: tu per primo, perchè la mia confessione mi si leggeva in faccia,
il quarto, due giorni prima di capodanno, ti ho pensato mentre ascoltavo moonlight mile in mezzo alle montagne.
il quinto sei stato lontano. e io furiosa.
il sesto mi hai scritto ti aspetto. ti ho creduto, e sono tornata dall'altro capo del mondo,
il settimo ci siamo ubriacati al natale anticlericale e la distanza tra noi era nulla.
l’ottavo mi hai chiamata, io avevo cancellato il tuo numero ma ti ho riconosciuto lo stesso, mi mancavi tutte le mattine quando mi alzavo e tutte le sere quando andavo a letto. ma questo, al telefono, non ho potuto dirtelo.
il nono, di inverno, si avvicina rapido. e per la prima volta stamattina ho intuito che la vita non è altro che un susseguirsi di persone: una in fila all'altra, anno dopo anno, fino alla fine. e tu? tu che sei l'unico di cui non so scrivere nè parlare? tu hai avuto il tuo posto in fila, hai spintonato anche qualcuno, per rimanerci, e poi te ne sei andato.
niente lieto fine, per noi.
peccato, perchè il finale di dieci inverni mi è piaciuto.
chissà se è piaciuto anche a te.
e io non ho mai studiato letteratura russa a venezia, è vero.
eppure alle volte è così facile riconoscersi nei protagonisti di un film.
anche se non avrei mai pensato di riconoscermi nella protagonista di un film italiano.
e invece,
e invece sono qui, a film finito, a contare i nostri di inverni. ma al contrario di quelli di valerio mieli, i nostri li confondo, li mischio uno con l'altro, non ricordo più quando è successo cosa.
ho provato tante volte a metterli in fila, in ordine cronologico, e l'ho fatto per un solo motivo: perchè di noi due non ho altro che ricordi. non una foto insieme, non degli oggetti. giusto una maglietta, qualche canzone di troppo e la mia memoria - che sappiamo entrambi essere fallace.
i nostri, di inverni, sono nove. ne conto nove anche se sono otto, anche se avrei voluto fossero dieci, e poi undici e poi dodici. ma ho come l'impressione che questo inverno, quello già passato, sia stato l'ultimo, quello in cui ci siamo giocati fino all'ultima goccia della nostra amicizia.
ancora non capisco perchè,
nè sono in grado di pensarci. se ci penso troppo finisce come quella notte in cui non ho dormito, e il cuore batteva infuriato.
i nostri otto inverni sono iniziati nel 2001, ricordo ancora la prima volta che ti ho visto.
il nostro primo inverno abbiamo ascoltato i modena city ramblers suonare nell’auditorium di radio popolare, avevamo due birre e ci bastavano.
il secondo inverno lo abbiamo passato a studiarci da lontano, mentre le nostre vite andavano avanti,
il terzo ci siamo confessati di fronte a una sangria alla cannella: tu per primo, perchè la mia confessione mi si leggeva in faccia,
il quarto, due giorni prima di capodanno, ti ho pensato mentre ascoltavo moonlight mile in mezzo alle montagne.
il quinto sei stato lontano. e io furiosa.
il sesto mi hai scritto ti aspetto. ti ho creduto, e sono tornata dall'altro capo del mondo,
il settimo ci siamo ubriacati al natale anticlericale e la distanza tra noi era nulla.
l’ottavo mi hai chiamata, io avevo cancellato il tuo numero ma ti ho riconosciuto lo stesso, mi mancavi tutte le mattine quando mi alzavo e tutte le sere quando andavo a letto. ma questo, al telefono, non ho potuto dirtelo.
il nono, di inverno, si avvicina rapido. e per la prima volta stamattina ho intuito che la vita non è altro che un susseguirsi di persone: una in fila all'altra, anno dopo anno, fino alla fine. e tu? tu che sei l'unico di cui non so scrivere nè parlare? tu hai avuto il tuo posto in fila, hai spintonato anche qualcuno, per rimanerci, e poi te ne sei andato.
niente lieto fine, per noi.
peccato, perchè il finale di dieci inverni mi è piaciuto.
chissà se è piaciuto anche a te.
2 comments:
Mi hai frantumato il cuore.
Per quello che vale temo che a breve inizierà il mio quarto inverno...
deb, meglio non commentare l'inverno che arriverà, ma sai mai che finirà come il decimo di dieci inverni, no?
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