le ultime pagine di the easter parade sono insostenibili: cariche di rancore, furiose. esplodono inaspettate e altrettanto inaspettatamente si concludono.
richard yates scrive the easter parade nel 1976, 15 anni dopo revolutionary road. mi chiedo cosa sia successo, in quei quindici anni, cosa abbia reso ancora più affilate e precise le sue parole, le implosioni più amare, inattese.
la sua scrittura mi ricorda quella di primo levi. letti per caso uno dopo l'altro, fanno impallidire ogni altro scrittore: le parole, le figure retoriche. in yates e levi la scrittura è vita. dolorosa.
scrive richard price dei personaggi di yates:
scrive kerouac:
me lo chiedo quando corro veramente. quando metto le mizuno, chiudo il portone alle spalle e vado verso il parco, poi giù di fianco alle scuole e fino ai campi. me lo chiedo non durante i primi chilometri, quando tutto viene naturale.
me lo chiedo verso la fine, quando le gambe sono pesanti, la schiena sudata, le spalle curve e i movimenti scomposti. è in quell'ultimo tratto che vorrei abbandonare il passo ritmato, la schiena dritta, la falcata e la postura per permettere ad ogni singola parte del mio corpo di muoversi, autonoma e scoordinata, verso il traguardo.
mentre combatto contro me stessa e contro il desiderio di lasciarmi andare, l'unica risposta che riesco a darmi è: la compostezza, prima di tutto.
la dignità, prima di tutto.
così riprendo a fatica controllo del passo, raddrizzo la schiena, scrollo le spalle e provo ad ascoltare ogni movimento, per dirigerlo e coordinarlo, insieme agli altri, verso la fine del percorso.
sono il rispetto e l'amore per la nostra persona che ci regalano, nella vita, qualcosa di più di un attimo di felicità strappata.
è la loro presenza che rende primo levi tanto toccante.
la loro assenza che rende richard yates così sconvolgente.
she could hear hysteria rising in her voice. she rolled down the partly opened window and snapped her cigarette away into the windstream, and all at once she felt strong and exhilarated [...]la rabbia trionfa, e nemmeno le ultime righe alleviano il senso di insoddisfazione e infelicità. che rimane addosso anche a libro chiuso, mentre la metropolitana si svuota.
then, because a good loud sound was needed to punctuate her rage, she slammed the car door with all her strenght.
richard yates scrive the easter parade nel 1976, 15 anni dopo revolutionary road. mi chiedo cosa sia successo, in quei quindici anni, cosa abbia reso ancora più affilate e precise le sue parole, le implosioni più amare, inattese.
la sua scrittura mi ricorda quella di primo levi. letti per caso uno dopo l'altro, fanno impallidire ogni altro scrittore: le parole, le figure retoriche. in yates e levi la scrittura è vita. dolorosa.
scrive richard price dei personaggi di yates:
in the beginning of things their eyes are as wide as dishes.ci lasciamo davvero uccidere dai nostri desideri, dalle nostre aspirazioni e dall'insoddisfazione? dovremmo combattere di più o di meno, per essere felici?
in the end, their longing will be the very knife that runs them through.
scrive kerouac:
là fuori c’è tristezza a sufficienza, non serve correrle incontromi chiedo se esista un modo corretto di correre incontro alla vita. se le delusioni siano inevitabili - quasi necessarie - o se si possa prolungare la felicità per più di un attimo.
me lo chiedo quando corro veramente. quando metto le mizuno, chiudo il portone alle spalle e vado verso il parco, poi giù di fianco alle scuole e fino ai campi. me lo chiedo non durante i primi chilometri, quando tutto viene naturale.
me lo chiedo verso la fine, quando le gambe sono pesanti, la schiena sudata, le spalle curve e i movimenti scomposti. è in quell'ultimo tratto che vorrei abbandonare il passo ritmato, la schiena dritta, la falcata e la postura per permettere ad ogni singola parte del mio corpo di muoversi, autonoma e scoordinata, verso il traguardo.
mentre combatto contro me stessa e contro il desiderio di lasciarmi andare, l'unica risposta che riesco a darmi è: la compostezza, prima di tutto.
la dignità, prima di tutto.
così riprendo a fatica controllo del passo, raddrizzo la schiena, scrollo le spalle e provo ad ascoltare ogni movimento, per dirigerlo e coordinarlo, insieme agli altri, verso la fine del percorso.
sono il rispetto e l'amore per la nostra persona che ci regalano, nella vita, qualcosa di più di un attimo di felicità strappata.
è la loro presenza che rende primo levi tanto toccante.
la loro assenza che rende richard yates così sconvolgente.
3 comments:
è vero, yates si accanisce contro quelle due sorelle in un modo asolutamente spietato... la scrittura che scorre veloce trae in inganno il lettore, sarebbe necessario invece soffermarsi su ogni crudeltà che lo scrittore infligge a quelle due...
dovremmo combattere di più o di meno, per essere felici?
domanda cruciale.
avere una risposta penso mi renderebbe parecchie cose in discesa....
alli: non lo so mica se era necessario soffermarsi sulle loro sofferenze. mi piace come ti ci fa piombare, alla fine. com'è crudo, senza preavviso e delicatezza.
kietta: ah, se trovi risposta fai un fischio.. :)
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