La Bbc ha fatto un servizio sull’aumento dei “turisti spirituali”, che viaggiano nel mondo in cerca della pace interiore. “Nella nostra epoca”, dichiarava un esperto, “le persone non si chiedono più se qualcosa è vero o no, o se ci credono o no, ma solo se funziona”. Questa è un’ottima ricetta anche per te, Scorpione. Nei prossimi mesi ti consiglio di scartare tutte le idee, teorie o abitudini che non servono a farti sentire più a tuo agio nel mondo.
non mi è mai piaciuta l'idea del viaggiare per ritrovare sè stessi.
vai in africa e tornerai diverso, in india ho capito tutto della mia vita, l'america latina mi ha fatto realizzare quali sono le cose davvero importanti, dicono.
ma un viaggio può davvero rivoluzionare la vita di una persona?
quando ero piccola i miei genitori avevano stabilito poche e semplici regole, per me e mio fratello. un esempio? non si butta nulla per terra, pena una predica infinita, a cui io e igor non abbiamo - grazie al cielo - mai dovuto assistere.
noi, le cartacce, ce le teniamo tuttora in tasca.
per il resto la nostra natura era: il parchetto sotto il palazzo del mio amico del cuore, i cigni da sfamare con il pane secco il sabato pomeriggio, le montagne viste dall'autostrada (ma se andiamo sempre dritti ci arriviamo alle montagne?), il ginocchio di acqua salata dell'adriatico, l'orto dei miei nonni, qualche gatto e una tartaruga.
ho conservato questa concezione di natura fino alla nuova zelanda. ero già stata sulla punta più a sud-ovest del portogallo, sulle isole aran e immersa nell'azzurro della croazia, ma la mia idea di natura era ancora delimitata.
da cosa? dagli esseri umani, dal paesaggio urbano che riempie i luoghi dell'occidente e di gran parte del terzo mondo. persino la grande foresta nera tedesca, vista da lassù, sembrava un piccolo parco giochi, in confronto alla maestosità della natura in nuova zelanda.
là la natura ignora l'uomo, e fa il suo corso con un'indifferenza a metà tra lo sconcertante e l'esilarante. gli alberi, i prati, le nuvole basse che tagliano i palazzi e l'oceano onnipresente ti aggrediscono e ti costringono a ridimensionare il tuo ego sconfinato di essere razionale superiore agli altri.
là, non lo sei. ti intimorisci, bambino che dal basso guarda un adulto come fosse un gigante, e ti cresce dentro un senso di rispetto misto a soggezione che alla lunga cambia il tuo rapporto con l'ambiente e, di rimando, con te stesso.
così, i neozelandesi non buttano cartacce a terra, fanno la raccolta differenziata e vivono con priorità diverse dalle nostre. mangiano i loro pranzi accoccolati tra radici di alberi secolari, camminano da casa al lavoro tutti i giorni, riciclano, riusano, reinventano. e di venerdì caricano i surf in macchina, mettono gli zaini in spalla, le scarpe da trekking ai piedi e vanno.
david suzuki è convinto che stare a stretto contatto con un ambiente naturale dominante cambi l'uomo più di qualsiasi lezione di ecologia. e viceversa, vivere in luoghi dove la natura è relegata ad elemento di decorazione ci rende noncuranti, nei suoi confronti.
se i nostri genitori hanno vissuto le loro infanzie in campagna e noi quella campagna l'abbiamo viste inghiottita dal cemento, che idea avrà della natura mia nipote? le montagne e i mari, il verde e l'azzurro esisteranno per lei solo sotto forma di parchetti surrogati e vacanze estive, scompariranno lentamente dal suo immaginario, trasformando la natura un bene di consumo e e non un luogo da abitare.
ma la natura non è altra, rispetto a noi: è noi. e non ci sono divorzi presidenziali, litigi tra partiti e altre bassezze che tengano. la priorità degli esseri umani dovrebbe essere la tutela dell'ambiente in cui vivono.
questa sono diventata, dopo soli sei mesi laggiù.
a cambiarmi, più del viaggio, è stata l'immersione forzata e quotidiana in una natura che non accettava di farsi ignorare.
la stessa cosa forse succede a chi viaggia in africa, india o america latina, per altri aspetti.
ma ho l'impressione che il più delle volte si torni per ricominciare da dove si era rimasti.
e non ha senso parlare di rivoluzioni spirituali se non sappiamo produrre un cambiamento concreto.
per questo ha ragione rob, quando dice che se c'è una cosa che un viaggio può fare meglio di ogni altra esperienza è aiutarti a scartare tutte le idee, teorie o abitudini che non servono per farti sentire più a tuo agio nel mondo.
e se si è abbastanza onesti con sè stessi, si finisce per scoprire che per sentici a nostro agio nel mondo ci serve molto meno di quanto abbiamo. o desideriamo.
gli abiti firmati, per esempio, non ci salveranno dallo scioglimento delle calotte polari.
vai in africa e tornerai diverso, in india ho capito tutto della mia vita, l'america latina mi ha fatto realizzare quali sono le cose davvero importanti, dicono.
ma un viaggio può davvero rivoluzionare la vita di una persona?
quando ero piccola i miei genitori avevano stabilito poche e semplici regole, per me e mio fratello. un esempio? non si butta nulla per terra, pena una predica infinita, a cui io e igor non abbiamo - grazie al cielo - mai dovuto assistere.
noi, le cartacce, ce le teniamo tuttora in tasca.
per il resto la nostra natura era: il parchetto sotto il palazzo del mio amico del cuore, i cigni da sfamare con il pane secco il sabato pomeriggio, le montagne viste dall'autostrada (ma se andiamo sempre dritti ci arriviamo alle montagne?), il ginocchio di acqua salata dell'adriatico, l'orto dei miei nonni, qualche gatto e una tartaruga.
ho conservato questa concezione di natura fino alla nuova zelanda. ero già stata sulla punta più a sud-ovest del portogallo, sulle isole aran e immersa nell'azzurro della croazia, ma la mia idea di natura era ancora delimitata.
da cosa? dagli esseri umani, dal paesaggio urbano che riempie i luoghi dell'occidente e di gran parte del terzo mondo. persino la grande foresta nera tedesca, vista da lassù, sembrava un piccolo parco giochi, in confronto alla maestosità della natura in nuova zelanda.
là la natura ignora l'uomo, e fa il suo corso con un'indifferenza a metà tra lo sconcertante e l'esilarante. gli alberi, i prati, le nuvole basse che tagliano i palazzi e l'oceano onnipresente ti aggrediscono e ti costringono a ridimensionare il tuo ego sconfinato di essere razionale superiore agli altri.
là, non lo sei. ti intimorisci, bambino che dal basso guarda un adulto come fosse un gigante, e ti cresce dentro un senso di rispetto misto a soggezione che alla lunga cambia il tuo rapporto con l'ambiente e, di rimando, con te stesso.
così, i neozelandesi non buttano cartacce a terra, fanno la raccolta differenziata e vivono con priorità diverse dalle nostre. mangiano i loro pranzi accoccolati tra radici di alberi secolari, camminano da casa al lavoro tutti i giorni, riciclano, riusano, reinventano. e di venerdì caricano i surf in macchina, mettono gli zaini in spalla, le scarpe da trekking ai piedi e vanno.
david suzuki è convinto che stare a stretto contatto con un ambiente naturale dominante cambi l'uomo più di qualsiasi lezione di ecologia. e viceversa, vivere in luoghi dove la natura è relegata ad elemento di decorazione ci rende noncuranti, nei suoi confronti.
se i nostri genitori hanno vissuto le loro infanzie in campagna e noi quella campagna l'abbiamo viste inghiottita dal cemento, che idea avrà della natura mia nipote? le montagne e i mari, il verde e l'azzurro esisteranno per lei solo sotto forma di parchetti surrogati e vacanze estive, scompariranno lentamente dal suo immaginario, trasformando la natura un bene di consumo e e non un luogo da abitare.
ma la natura non è altra, rispetto a noi: è noi. e non ci sono divorzi presidenziali, litigi tra partiti e altre bassezze che tengano. la priorità degli esseri umani dovrebbe essere la tutela dell'ambiente in cui vivono.
questa sono diventata, dopo soli sei mesi laggiù.
a cambiarmi, più del viaggio, è stata l'immersione forzata e quotidiana in una natura che non accettava di farsi ignorare.
la stessa cosa forse succede a chi viaggia in africa, india o america latina, per altri aspetti.
ma ho l'impressione che il più delle volte si torni per ricominciare da dove si era rimasti.
e non ha senso parlare di rivoluzioni spirituali se non sappiamo produrre un cambiamento concreto.
per questo ha ragione rob, quando dice che se c'è una cosa che un viaggio può fare meglio di ogni altra esperienza è aiutarti a scartare tutte le idee, teorie o abitudini che non servono per farti sentire più a tuo agio nel mondo.
e se si è abbastanza onesti con sè stessi, si finisce per scoprire che per sentici a nostro agio nel mondo ci serve molto meno di quanto abbiamo. o desideriamo.
gli abiti firmati, per esempio, non ci salveranno dallo scioglimento delle calotte polari.
1 comments:
Io credo che il rispetto in generale, e quindi anche il rispetto per la natura, derivi dall'educazione che si riceve e da un'attitudine personale. Non so dirti di come i posti possano cambiare le persone, ma so che la maggior parte dei luoghi in grado di cambiare qualcosa sono le persone stesse. Amiamo o non amiamo senza una logica precisa, così capita che posti come la Nuova Zelanda possano toccare qualcosa di molto profondo dentro di noi, e altri non meno belli a livello di paesaggio, come ad esempio l'Australia, non ci dicano pressocchè nulla.
Il perchè si parta non ha una sola risposta, ognuno credo abbia la propria, ma credo anch'io che si ritorni per ricominciare da dove si aveva lasciato, solo in modo diverso da prima.
Ho scoperto con il tempo che viaggiare è una di quelle azioni molto più profonde e potenti di quanto si possa credere, i viaggi cambiano e ti cambiano, mutano prospettiva, ribaltano i punti di vista, ti trascinano in scenari mai visti prima, ti raccontano storie nuove, ti mostrano pagine e pagine bianche su cui scrivere nuove storie, su cui raccontare e ricostruire.
Si può viaggiare anche non andando da nessuna parte fisicamente, io i viaggi più belli li ho fatti conoscendo le persone. E allo stesso modo si può nutrire un profondo rispetto per la natura senza averne toccato con mano la maestosità e la bellezza. E così come i vestiti firmati non ci salveranno dallo sciglimento dei ghiacciai, non ci salveranno neppure quelli non firmati fabbricati inquinando magari anche il doppio. Il fatto è che vuole coscienza, ci vuole amore, ci vuole rispetto, con o senza griffe.
E tu scrivi sempre benissimo.
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