se mi permetti, per cominciare: la domanda è mal posta.
perchè a me non piace soltanto viaggiare da sola. a me piace stare da sola.
non sono una che cerca compagnia. con gli anni ho imparato ad apprezzare la compagnia degli altri, certo, ma gran parte della mia infanzia e della mia adolescenza io le ho trascorse:
- a) giocando con le mie barbie nella mansarda di casa
- b) leggendo libri nello studio di casa
non c'è niente di male, adesso lo so. prima, era un po' un problema.
che non ci sia niente di male ho cominciato a sospettarlo da qualche anno a questa parte, da quando ho iniziato a conoscere persone simili a me. e a circondarmene.
che non ci sia niente di male è diventato una certezza dopo aver letto il bellissimo articolo di lauren quinn pubblicato qualche giorno fa sull'huffington post.
perchè ti piace viaggiare da sola. non ti spaventa viaggiare da sola. non ti sentirai sola a viaggiare da sola. simona lecca il gelato de il massimo del gelato, mi pianta addosso i suoi occhi azzurro ghiaccio e me lo chiede. nadia lecca il gelato de il massimo del gelato, deglutisce e mi dice: "non per far filosofia, ma forse viaggiare non serve a risolvere i tuoi problemi".
a parte una vertebra fratturata (in netta guarigione, s'intende) io, di problemi, francamente in questo momento non ne ho.
viaggiare da sola per me non è sinonimo di evasione.
viaggiare da sola è sinonimo di vivere da sola, una cosa che faccio da sempre.
lo spiega ancora meglio lauren quinn:
This loneliness, this sense of being on the outside looking in, comes from a hollow place inside, near the center: a thirsty vessel. It's a little piece of luggage I carry with me, always. Except, that is, when I'm actually carrying luggage.So why would I feel the least alone, the least like an outsider, when I am in fact the most on the outside?Nothing may better prepare us to travel than a feeling of otherness. And travel writers are perhaps the ultimate outsiders: people that perpetually feel like outsiders are more comfortable in that role. They're more adaptable, not turned off by lack of familiarity and cultural anchor points, but enlivened by it.
per una come me, che non si è mai sentita parte di un gruppo, di un movimento, di una moda, di un partito politico, di una classe di persone (perchè esistono classi di persone), viaggiare da sola non è diverso dall'affrontare la vita da sola.
ecco perchè mi trovo a mio agio quando lo faccio: i problemi che devo affrontare sono gli stessi. persone che mi percepiscono come diversa, sguardi curiosi, punti di vista diversi dal mio, diffidenza, distanze di sicurezza, l'impressione di essere un pesce fuor d'acqua 24 ore su 24, 7 giorni su 7.
che differenza fa se questa situazione si riproduce in un altro angolo di mondo? nessuna.
ho imparato a respirare in questo modo perchè non sono mai stata capace di integrarmi.
per tanti anni ho pensato che fosse una condanna.
e invece lauren quinn, con una manciata di parole, mi spiega che la mia condanna potrebbe trasformarsi allo scoccare della mezzanotte.
in una risorsa.
in una risorsa.
1 comments:
Sì, cioè, forse.
Forse hai ragione, ma non te lo sò dire, sono cose che uno deve provare sulla propria pelle.
Io volevo andarmene via da Roma, via dall'Italia, poi sono andato via per un mese e via da Roma non ci sapevo stare, non che mi mancasse, ma quello che avevo trovato nel viaggio non era meglio di quello che avevo e quello che mi si prospettava neanche.
A differenza di te mi sono sempre trovato bene dove stavo, nei gruppi, negli ambienti, nelle strade. Quindi l'unica morale che vale alla fine è che vale tutto.
Banalmente dovresti fare quello che ti senti di dover fare e non fare quello che non ti senti di voler fare. Quel che sarà, sarà, anche tornare indietro dopo aver preso una decisione è lecito, anche esitare o al contrario lanciarsi, lasciare tutto e partire senza un briciolo di paura, andare dritti e spediti come un treno.
Nessuna decisione vale più di un'altra.
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