in una delle mie prime lezioni di mediazione culturale, la professoressa di lingua inglese ci aveva raccontato come avesse fatto amicizia - durante un master - con quella che sarebbe poi diventata una delle sue migliori amiche.
la sua futura-migliore-amica le era stata affibiata come compagna di esercizio. esercizio (era un master di interpretazione) che consisteva nello stare l'una di fronte all'altra e parlare.
la prof ci aveva raccontato di quanto la sua amica, di origini sudamericane, non riuscisse a mantenere la "giusta" distanza da lei, standole così vicina da irritarla.
la distanza che stabiliamo tra noi e i nostri interlocutori, lo spazio personale che ci serve, è uno dei tratti fondamentali che distinguono una cultura dall'altra.
ma anche una persona dall'altra.
io, le distanze, non sono mai stata brava a mantenerle.
ho dovuto impararlo.
e come si impara a mantenere le distanze dagli altri esseri umani?
generalmente, non è mai una lezione indolore.
perchè in questo gli esseri umani sono come animali: una volta che qualcuno invade il loro territorio, diventano aggressivi e attaccano, oppure scappano.
in entrambi i casi, chi ha invaso rimarrà ferito: dalla prepotente presenza dell'altro, o dalla sua improvvisa assenza.
ecco come si impara a mantenere le distanze.
una volta imparato, è un po' come con la bicicletta: non lo si dimentica più.
al contrario della bicicletta, però, vorresti proprio dimenticartelo come prendere le distanze dalle persone.
ma più ci provi, più quelle insistono: si prega di mantenere le distanze di sicurezza, fanno.
non troppo vicini, prego, ma nemmeno troppo lontani; si prega di rimanere a disposizione, ma senza disturbare. il silenzio è d'oro. il giusto sta nel mezzo. non stare in mezzo!
così, con il tempo impari la procedura di evacuazione vita altrui a memoria, e con lei le frasi-allarme che la innescano:
un silenzio insostenibile, a cui si risponde solo voltandogli le spalle e tornando nella tua, di vita.
la sua futura-migliore-amica le era stata affibiata come compagna di esercizio. esercizio (era un master di interpretazione) che consisteva nello stare l'una di fronte all'altra e parlare.
la prof ci aveva raccontato di quanto la sua amica, di origini sudamericane, non riuscisse a mantenere la "giusta" distanza da lei, standole così vicina da irritarla.
la distanza che stabiliamo tra noi e i nostri interlocutori, lo spazio personale che ci serve, è uno dei tratti fondamentali che distinguono una cultura dall'altra.
ma anche una persona dall'altra.
io, le distanze, non sono mai stata brava a mantenerle.
ho dovuto impararlo.
e come si impara a mantenere le distanze dagli altri esseri umani?
generalmente, non è mai una lezione indolore.
perchè in questo gli esseri umani sono come animali: una volta che qualcuno invade il loro territorio, diventano aggressivi e attaccano, oppure scappano.
in entrambi i casi, chi ha invaso rimarrà ferito: dalla prepotente presenza dell'altro, o dalla sua improvvisa assenza.
ecco come si impara a mantenere le distanze.
una volta imparato, è un po' come con la bicicletta: non lo si dimentica più.
al contrario della bicicletta, però, vorresti proprio dimenticartelo come prendere le distanze dalle persone.
ma più ci provi, più quelle insistono: si prega di mantenere le distanze di sicurezza, fanno.
non troppo vicini, prego, ma nemmeno troppo lontani; si prega di rimanere a disposizione, ma senza disturbare. il silenzio è d'oro. il giusto sta nel mezzo. non stare in mezzo!
così, con il tempo impari la procedura di evacuazione vita altrui a memoria, e con lei le frasi-allarme che la innescano:
- ho bisogno di tempo per abituarmi all'idea
- vengo da un periodo difficile
- non sono più abituata/o a condividere i miei spazi con qualcuno
- tu per me sei l'abbraccio
- se ti va potremmo iniziare con l'essere amici
- sta andando tutto così in fretta
un silenzio insostenibile, a cui si risponde solo voltandogli le spalle e tornando nella tua, di vita.
3 comments:
non c'entra nulla con questo post, ma ho letto il tuo blog e mi chiedevo..che sbocchi ci sono oggi per un ragazzo che studia lingue e letterature straniere secondo te? e andando all'estero, non si rischia di avere conoscenze linguistiche ma poco altro? sono al secondo anno e mi sento senza sbocchi...
luca
credo che le distanze di sicurezza siano una bellabrutta cosa
per il poco che so, è così
io amo correre, ad esempio: al kart ho dedicato tanti sforzi, energie e qualche osso rotto, in questi anni
"distanze di sicurezza" mi fa venire in mente i circuiti cittadini: non ci corro più perché oramai ho una fifa più blu di un Na'vi'
però lì era così: vai come un pazzo fra gli ostacoli, a cinque-centimetri-cinque da quello davanti: cinque, perchè dieci sono troppi
perchè dieci diventano "distanza di sicurezza": perdi il ritmo del tuo avversario, non senti più le sue frenate, le sue indecisioni, il suo respiro ... lui non sente più il tuo fiato sul collo ... dieci centimetri diventano subito un metro, poi tre, poi quello dietro t'ha già passato
CINQUE centimetri e ti FIDI (del tuo avversario!): lui frenerà dove freni tu, accelererà dove l'avresti fatto tu ... beh sì, insomma TI FIDI
non pensi: SENTI, e ti fidi
se ci si vola addosso, in un certo senso lo si fa ASSIEME: sbagliando in fondo sempre ... entrambi
ogni tanto, in autostrada mi vengono in mente quei cinque centimetri
io in autostrada sto a duecento(mila) metri
non puoi perdere la fiducia e pensare di goderti la GUIDA, quella vera, stando a più di cinque centimetri dall'avversario che vuoi sorpassare. Come non puoi perdere la vita tallonando un camion in autostrada, così, per niente, per mancanza di senso della misura
in entrambi i casi butteresti via qualcosa di bello
credo sia solo una questione di contesto, e la scelta una questione di ... armonia
spero che dal giorno del tuo post tu abbia trovato la TUA distanza, in quella situazione, anzi ne sono intimanente convinto, dieci centimetri o cento metri ch'essa sia
e ti ringrazio per quello che scrivi
un sorriso
luca lingue e letterature straniere per quello che ne so io (io sono laureata in interpretazione e traduzione) ha lo svantaggio di insegnare poca lingua e tanta letteratura, quindi l'estero è fondamentale per perfezionare le lingue che studi. per gli sbocchi dipende da cosa vuoi fare tu, io all'epoca non ho scelto lingue perchè era troppo poco specializzante rispetto alla scuola interpreti che ho frequentato, che lavora molto più sulla lingua e sulla traduzione. ma io volevo fare la traduttrice a tutti i costi. se fai lingue puoi lavorare come commerciale estero nelle aziende, fare ricerca in università, insegnare o anche diventare traduttore, dipende molto da te e dalle tue inclinazioni.
l'estero, comunque, non è mai una perdita di tempo. anzi, vai all'estero e rimanici il più possibile, l'italia sta diventando un paese gretto e chiuso alle nuove generazioni, ma scometto che questo lo sai già ;), in bocca al lupo!
Posta un commento