venerdì 7 maggio 2010

in cui l'arte dell'accontentarsi è sottovalutata

ho pensato a quando apri il frigorifero di casa, o gli armadietti della cucina, e prepari la cena arrangiandoti con quello che hai.
camilla combinava quasi sempre un disastro (una volta fece una crêpe al cocco farcita al tonno), qualche volta però siamo riuscite a sfornare dolci buonissimi (i biscotti ai corn flakes) o ottimi pani speziati (alla cannella, ovviamente).

l'arte dell'accontentarsi è, contemporaneamente, la più sgradevole e la più utile da imparare.
non si tratta solo di accontentarsi: a far quello, fidatevi, siamo capaci tutti, perchè non scegliamo di accontentarci, ma è l'accontentarci che sceglie noi.
detto questo, l'arte veramente difficile da padroneggiare è il vivere con ciò che si ha.
(ho detto vivere, non sopravvivere).

se di tutte le lezioncine che il 2010 mi ha insegnato dovessi sceglierne una soltanto, non sarebbe "smetterla di frequentare squilibrati immaturi dotati di ego smisurato", ma: "impara a costruirti una vita partendo da ciò che hai, e non da ciò che vorresti".
e non perchè non possiamo aspirare a traguardi migliori, ma perchè il 99% delle volte non otteniamo, dalla vita, esattamente ciò che speravamo.
in questo caso, le opzioni sono due:

  • a) disperarsi
  • b) rimboccarsi le maniche e darsi al sano fai da te
le due opzioni non si escludono a vicenda,
più spesso, invece, alla a) segue la b), ma solamente dopo che abbiamo sperimentato ogni modalità di esecuzione della a).
i modi per disperarsi, è vero, sono proprio infiniti.
una volta conclusa la fase a), inizia il divertimento.
chi l'avrebbe mai detto che una che ha desiderato per gli ultimi 5 anni della sua vita diventare traduttrice letteraria si ritrovasse a scrivere, per lavoro?
chi l'avrebbe mai detto che una che trova la pace dei sensi solo nella corsa si ritrovasse a dover ripiegare su bici + nuoto, con buona pace dei sensi ma anche tanta soddisfazione? (ho imparato da poco a pedalare sulla mia bici da corsa senza mani, sono molto fiera di questo traguardo e vorrei ringraziare mio fratello per aver creduto in me).

in definitiva, ho pensato che:

  1. la soddisfazione personale non può e non deve risiedere unicamente in ciò che vorremmo fare o essere. la serenità, a quanto pare, non si coniuga al futuro e nemmeno al passato (with your heart in the future, and your head in the past, there's nothing in between that's gonna last).
  2. qualche volta, scoprirsi capaci di essere una persona diversa non è tanto spiacevole.
il punto c'è, e forse è proprio questo: non la destinazione, ma il viaggio.
e se il tragitto è diverso da quello che abbiamo pianificato, non stiamo ad andare per il sottile, per favore.

3 comments:

orfeoemerso ha detto...

oggi leggo questo tuo articolo, leggo un articolo intitolato "Starting with what you have" su un altro blog, leggo teorie sul realizzare la propria "immagine", in un libro..
beh, a volte se non dai retta ai "segnali" sei proprio un pirla

occorrerebbe spesso che ci sia anche qualcuno che ti dica "svegliati amico", magari accompagnandolo con uno scappellotto, per farti saltare al più presto la fase a). può servire, dopotutto.

Elena ha detto...

anche a me serve molto, questo articolo. una seduta psicologica dall'etere. grazie.
(uscire dallo schema mentale che abbiamo costruito e applichiamo ciecamente anche quando non funziona)

Rachele ha detto...

un sorriso a tutti e due :)

 
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