non lo dico io, l'ha detto monicelli qualche minuto fa, in diretta a raiperunanotte, il programma che santoro ha portato fuori dalla tv e dentro internet, al paladozza di bologna e anche in radio (grazie a radiostreet di messina e a radiopopolare).
la speranza, dice monicelli con voce nervosa, è un'invenzione dei potenti, dei padroni.
in italia se parli di padroni ti guardano male, ti danno del sessantottino obsoleto. ma qui e non solo qui i padroni ci sono, e inventano ancora parole per governare il resto.
il resto siamo noi, con la testa china e la speranza in mano, in attesa che la situazione migliori.
(migliorare come?)
indossiamo i proverbiali colletti bianchi e non le tute blu: siamo privilegiati, laureati, preparati.
per questo ci sembra obsoleto il mondo che veniva una volta definito da categorie come i padroni e la classe operaia.
noi? noi non siamo operai. siamo freelance. siamo liberi.
la libertà e la speranza.
chissà se monicelli pensa che, per ottenerle, la libertà e la speranza vadano conquistate.
la libertà dei freelance non l'avevamo chiesta, ce la siamo ritrovata tra i piedi.
la speranza di un futuro stabile, quella ce la somministrano a piccole dosi con sospiri e commenti sulla crisi dell'economia.
la libertà ce l'hanno venduta: insieme ai netbook, agli apple, ai blackberry e al prestigio di professioni che no, non sono più l'operaio,
che sì, sono ancora l'operaio.
non si consumano i muscoli - questo lo sapppiamo bene, così attenti alla forma e sempre iscritti in palestra - ma si consuma il cervello. la punta gli si consuma come quella di una matita, e nessuno si preoccupa di temperarla, di affilarla.
una volta la punta alla matita si affilava in un solo modo: condividendo. ora ciò che abbiamo imparato in anni di università ci serve solo a farci sentire migliori.
ma lo sanno anche i muri, non è stato certo l'individualismo a portare rivoluzioni e cambiamenti.
è attraverso la condivisione dei saperi (ah! la banalità!) che il cambiamento diventa possibile e che si conquista la vera libertà.
ma quali saperi? non quelli di wikipedia, nemmeno le informazioni scottanti e preziose sui politici di turno.
prima di quelle, ci manca la consapevolezza di essere tutti uguali.
noi quasi trentenni freelance identici agli immigrati sfruttati, noi che basta darci un laptop e la firma su un giornale per farci sentire diversi da tutti, migliori degli altri.
la speranza di diventare migliori, ci hanno venduto.la speranza, dice monicelli con voce nervosa, è un'invenzione dei potenti, dei padroni.
in italia se parli di padroni ti guardano male, ti danno del sessantottino obsoleto. ma qui e non solo qui i padroni ci sono, e inventano ancora parole per governare il resto.
il resto siamo noi, con la testa china e la speranza in mano, in attesa che la situazione migliori.
(migliorare come?)
indossiamo i proverbiali colletti bianchi e non le tute blu: siamo privilegiati, laureati, preparati.
per questo ci sembra obsoleto il mondo che veniva una volta definito da categorie come i padroni e la classe operaia.
noi? noi non siamo operai. siamo freelance. siamo liberi.
la libertà e la speranza.
chissà se monicelli pensa che, per ottenerle, la libertà e la speranza vadano conquistate.
la libertà dei freelance non l'avevamo chiesta, ce la siamo ritrovata tra i piedi.
la speranza di un futuro stabile, quella ce la somministrano a piccole dosi con sospiri e commenti sulla crisi dell'economia.
la libertà ce l'hanno venduta: insieme ai netbook, agli apple, ai blackberry e al prestigio di professioni che no, non sono più l'operaio,
che sì, sono ancora l'operaio.
non si consumano i muscoli - questo lo sapppiamo bene, così attenti alla forma e sempre iscritti in palestra - ma si consuma il cervello. la punta gli si consuma come quella di una matita, e nessuno si preoccupa di temperarla, di affilarla.
una volta la punta alla matita si affilava in un solo modo: condividendo. ora ciò che abbiamo imparato in anni di università ci serve solo a farci sentire migliori.
ma lo sanno anche i muri, non è stato certo l'individualismo a portare rivoluzioni e cambiamenti.
è attraverso la condivisione dei saperi (ah! la banalità!) che il cambiamento diventa possibile e che si conquista la vera libertà.
ma quali saperi? non quelli di wikipedia, nemmeno le informazioni scottanti e preziose sui politici di turno.
prima di quelle, ci manca la consapevolezza di essere tutti uguali.
noi quasi trentenni freelance identici agli immigrati sfruttati, noi che basta darci un laptop e la firma su un giornale per farci sentire diversi da tutti, migliori degli altri.
quando ci sarebbe servito il diritto di diventarlo. tutti:
migliori.
2 comments:
vero, vero, vero.
:)
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