venerdì 12 febbraio 2010

in cui la mia vita scende dalle nuvole

kevin renick ha 52 anni quando la società di marketing di st. louis, missouri per cui lavora lo licenzia.
finisce up in the air, come dice lui: insieme a lui il suo conto in banca e la sua carriera come correttore di bozze.
allora kevin prende in mano una chitarra, racconta la sua storia, infila la cassettina su cui l'aveva registrata nelle mani di jason reitman e una manciata di mesi dopo finisce nei titoli di coda di uno dei 10 film candidati agli oscar.

up in the air è dove finiscono le vite di tutti quelli che hanno provato la recessione, la crisi economica o anche solo gli effetti negativi del capitalismo e della liberalizzazione sulla loro pelle.
up in the air le prospettive lavorative, i progetti futuri, le relazioni personali, i sogni e le paure.
tutto appeso lassù, tra le nuvole, per migliaia di giovani (italiani e non), adulti (italiani e non), e anche vecchi (italiani. e non).

ci vendono questo stato di precarietà come fosse un privilegio: ma se un tale grado di libertà non è desiderato, diventa automaticamente una prigione. una prigione senza sbarre nè confini: possiamo andare dovunque, non abbiamo vincoli, ma è proprio l'assenza di punti fissi che ci rende instabili, e spaventati.

kevin renick ha avuto fortuna. da correttore di bozze disoccupato è diventato cantautore ricercato: la quintessenza del sogno americano in carne e ossa.
oggi in italia, invece, un ragazzo messo in mobilità si è ucciso.
up in the air.

da quelle nuvole di precarietà qualche volta riusciamo a scendere.
non con un contratto in regola e con uno stipendio decoroso, ma con due o tre lavori che finiscono con il consumare, lentamente, le nostre vite.
siamo disposti a pagarlo, questo prezzo, pur di non rimanere lassù, up in the air.

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