giovedì 28 gennaio 2010

in cui non porti a termine mai niente e sei inconcludente

è quello che mi dice mio padre appena cerco di chiamarmi fuori da qualche situazione.
"non completi mai niente"
mi dice
"lasci sempre tutto a metà"
si fa eco da solo.
la tentazione di lasciare a metà questo blog (i primi due non li ho lasciati a metà, papà) è stata fortissima.
tanto quanto la delusione che mi è piombata addosso circa dieci giorni fa nel rendermi conto che la vita da adulta che avevo immaginato per me non è realizzabile.
la vita prende direzioni diverse e inaspettate, lo sappiamo tutti,
nel mio caso, però, la vita non solo non aveva preso una direzione diversa, aveva accostato e si era seduta sul marciapiede, al bordo della strada, chiedendosi e chiedendomi: e adesso?
cosa si fa quando ci si rende conto che tutti i sogni e le ambizioni di una vita - tutti, nessuno escluso - non sono raggiungibili?
si viene a patti con la realtà, scoprendo che l'adattarsi a ciò che ci viene offerto non è poi così tremendo.
abbandonare le proprie ambizioni invece sì, soprattutto per una persona ostinata e idealista come me, ma questo è un altro discorso.
se trovi la forza di abbandonare le impalcature mentali che ti eri costruito mentre proiettavi la tua immagine nel futuro, se riesci a smontare ogni aspettativa che avevi su di te, se riesci a farlo e se superi indenne l'incredibile sensazione di sconforto,
oltre il famigerato tunnel troverai l'altrettanto famigerato foglio bianco, ad aspettarti
o un incrocio: infinite direzioni da dare alla tua vita
e questa volta, per la prima volta, non scegli la direzione migliore, la direzione dei tuoi sogni, l'ideale, la perfezione,
scegli la direzione che può realmente condurti da qualche parte, quella che - in modo molto pragmatico - possa generare movimento nella tua vita.
e una volta scelta fai come i somari: la percorri a testa bassa, senza lamentarti, finchè non ti cedono le gambe per la stanchezza.

(tutto questo per dire che il blog non chiude, ma ha deciso che esser solo di viaggi è una gran rottura)

7 comments:

Anonimo ha detto...

tutte le volte penso sempre che abbiamo un sacco di cose in comune. Perfino le parole dei nostri padri: io le avrò sentite almeno una ventina di volte.

Federico Neri ha detto...

Ciao,
Credo che l'economia attuale così incerta, ma anche così veloce ed instabile procura in ognuno di noi questa sensazione.
Ricordati che non sei sola in questo percorso, ma ci sono anche io!

Elenik ha detto...

cara Rachele, per il blog non ti preoccupare, se qualcuno ha cose da dire - come te - lo seguiremo comunque! io però ad un certo punto ho temuto che tu parlassi esclusivamente della tua vita, dei sogni e del tuo progetto di andartene a lavorare altrove se qua le cose non si evolvono in un certo modo - che tu dicessi che rinunciavi. mi hai fatto prendere un colpo! magari uno sta un po' nella situazione attuale - in modo pragmatico, ché non si campa di aria - ma tiene a mente quello che vorrebbe.
alla prossima!

Rachele ha detto...

silvia lo penso anche io (che continuo a leggerti ma non commento!).mio padre temo di averlo sentito dirle, quelle cose, più di 20 volte. ci faremo mai l'abitudine o farà sempre male come la prima volta?

federico: grazie del supporto!

elenik: idem, grazie del supporto e di continuare a leggere :)

Anonimo ha detto...

Io penso altro. Penso che forse lasciare le cose a metà alle volte sia un atto di coraggio anzichè un sintomo di incostanza, d'altronde se qualcosa non ci entusiasma più perchè continuare? Perchè ostinarci?
Leggendoti da un po' credo che ogni volta che inizi a scrivere, tu non lo faccia mai su un foglio davvero bianco. In primis ci sono i colori della Nuova Zelanda su quel foglio, i suoi profumi, i suoi paesaggi. Su questo foglio bianco e su qualsiasi altro avrai di fronte, perchè la Nuova Zelanda è chiaramente una parte importante di te.
Detto questo mi sono chiesta, perchè restare? In definitiva non è forse meglio scoprire che le cose non restano mai come le abbiamo lasciate, piuttosto che convivere con il rimpianto per non averlo constatato di persona?
Io, fossi in te, avrei già fatto le valige.

Rachele ha detto...

chiunque tu sia, grazie per le parole.
alla nuova zelanda non si può rinunciare perchè come dici tu - e hai visto bene - è parte, una parte grande, di me.
rinuncio ad altro, al sogno che partiva dal "che cosa vuoi fare da grande" che tutti di chiedevano, verso i 16 anni.
penso anche io che sia meglio avere rimorsi piuttosto che rimpianti, rinunciare alle proprie ambizioni è complicato in entrambi i casi, comunque.
e il compromesso, quel compromesso a me serve per tornare in nuova zelanda. chi rinunciasse così facilmente a tornare a casa sarebbe un pazzo..

Anonimo ha detto...

Non credo che sia meglio avere rimorsi che rimpianti, io piuttosto credo che non bisognerebbe avere nè gli uni nè gli altri.
Ma il consiglio che posso darti è di guardarti allo specchio, ma di farlo davvero. Hai 2 lauree da quanto ho capito, hai avuto il fegato (incoscienza? coraggio?) di fare una valigia e andare dall'altra parte del mondo e la fortuna,immensa, di trovare un posto da chiamare casa.
E' semplicemente meraviglioso Rachele, meraviglioso. Sono fortune, regali che la vita ci fa, troppo preziosi da sprecare. Ora sta a te che hai dalla tua giovinezza e salute far sì che il sogno si avveri. Unica cosa, attenta a non credere che la tua Nuova Zelanda si sia fermata a quando tu l'hai lasciata. Il mondo gira, continua a farlo anche se noi non ci siamo in quel momento. Ma c'è di bello in tutto questo che nel cambiare, le cose possono essere persino migliori di prima, e io te lo auguro.
Ah dimenticavo, un po' di cose le so perchè ti leggo da molto, e non sono proprio "anonimo" come da firma in questo e nell'altro commento, ma acquadifonte, ricordi? Non scrivo più da tanto, ora preferisco vivere anzichè scrivere, chissà che non mi ritorni la voglia

 
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