nell'orribile film che vediamo in anteprima in proiezione per la stampa, uno svogliatissimo colin firth chiede alla sua classe di studenti italiani se si sentono più italiani o europei.
io la nozione di patria non l'ho mai interiorizzata.
professor firth, c'è poco da fare: non conosco l'inno, non tifo per la nazionale ai mondiali di calcio e non sento nostalgia dei confini del bel paese quando sono all'estero.
sei fatta male, mi dice qualcuno.
l'italia è il più bel paese al mondo, mi dicono altri.
non ti è mancata la tua terra a undicimila kilometri di distanza, mi chiedono.
a me dell'italia in nuova zelanda mancavano tre cose: la mia famiglia, la ricotta e il prosciutto cotto.
se avessi vissuto là più a lungo mi sarei di certo abituata all'assenza di due di quelle tre cose.
e purtroppo si impara anche a fare a meno delle persone, per quanto la fitta allo stomaco sia oggettivamente più pungente della voglia di ricotta.
non so da dove venga questa mancanza di radicamento al territorio. se mi dicessero d'ora in avanti non potrai più rivedere milano non batterei ciglio. eppure ci sono nata e cresciuta.
a questi luoghi il mio cuore non è legato.
si lega alle persone.
ma in questo periodo non vedo posto per me, nelle vite degli altri. non un posto abbastanza spazioso per accoccolarmi, e rimanere.
così il piano A - lo stabilirmi qui e il perseguire con tutti gli sforzi e le rinunce del caso il mio sogno da traduttrice - perde senso, mentre aumentano la dimensione e il fascino del piano B.
il piano B non è ancora definito, ma includerebbe il viaggiare per almeno due anni.
si dice che chi viaggia vuole scappare da se stesso.
chi lo dice presuppone che, in qualche modo, l'essenza di una persona sia legata ai luoghi in cui è nata e cresciuta. e che quindi scappare da quei luoghi sia scappare da se stessi.
ma cosa succede se una persona non si sente particolarmente a casa, nei luoghi in cui è vissuta per gran parte della sua vita? o meglio, se quella persona vive la casa di cui tutti parlano come luogo del passato. non del presente, non del futuro?
un luogo che racchiude in sè pezzi di ciò che si era, ma non di ciò che si diventerà.
i miei luoghi mi rimandano un'immagine di me che non coincide più con ciò che sono. per questo ho bisogno di viaggiare: non per scappare ma per scoprire luoghi che mi raccontino, di me, cose che non so ancora.
io la nozione di patria non l'ho mai interiorizzata.
professor firth, c'è poco da fare: non conosco l'inno, non tifo per la nazionale ai mondiali di calcio e non sento nostalgia dei confini del bel paese quando sono all'estero.
sei fatta male, mi dice qualcuno.
l'italia è il più bel paese al mondo, mi dicono altri.
non ti è mancata la tua terra a undicimila kilometri di distanza, mi chiedono.
a me dell'italia in nuova zelanda mancavano tre cose: la mia famiglia, la ricotta e il prosciutto cotto.
se avessi vissuto là più a lungo mi sarei di certo abituata all'assenza di due di quelle tre cose.
e purtroppo si impara anche a fare a meno delle persone, per quanto la fitta allo stomaco sia oggettivamente più pungente della voglia di ricotta.
non so da dove venga questa mancanza di radicamento al territorio. se mi dicessero d'ora in avanti non potrai più rivedere milano non batterei ciglio. eppure ci sono nata e cresciuta.
a questi luoghi il mio cuore non è legato.
si lega alle persone.
ma in questo periodo non vedo posto per me, nelle vite degli altri. non un posto abbastanza spazioso per accoccolarmi, e rimanere.
così il piano A - lo stabilirmi qui e il perseguire con tutti gli sforzi e le rinunce del caso il mio sogno da traduttrice - perde senso, mentre aumentano la dimensione e il fascino del piano B.
il piano B non è ancora definito, ma includerebbe il viaggiare per almeno due anni.
si dice che chi viaggia vuole scappare da se stesso.
chi lo dice presuppone che, in qualche modo, l'essenza di una persona sia legata ai luoghi in cui è nata e cresciuta. e che quindi scappare da quei luoghi sia scappare da se stessi.
ma cosa succede se una persona non si sente particolarmente a casa, nei luoghi in cui è vissuta per gran parte della sua vita? o meglio, se quella persona vive la casa di cui tutti parlano come luogo del passato. non del presente, non del futuro?
un luogo che racchiude in sè pezzi di ciò che si era, ma non di ciò che si diventerà.
i miei luoghi mi rimandano un'immagine di me che non coincide più con ciò che sono. per questo ho bisogno di viaggiare: non per scappare ma per scoprire luoghi che mi raccontino, di me, cose che non so ancora.
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