ah i viaggiatori, che variegato ammasso di persone e personaggi.
c'è chi impazzisce e si sente smarrito senza una cartina in mano. c'è chi, per ogni monumento incrociato, ha bisogno di leggere le note storiche della guida ad alta voce, di fronte al suddetto monumento. chi non mangia fuori se il ristorante non è segnalato (dalla guida), chi conserva tutti gli scontrini per scrupolo e nostalgia, e chi - siccome nel 1985 si è trovato così bene - ritorna sempre nello stesso angolo di mondo.
ci sono poi quelli del 2.0. che fotografano, twittano, bloggano e tumblano. recensiscono, analizzano, editano e aggiungono frenetici i nuovi amici a facebook.
a ciascuno il suo, diceva sciascia.
viaggiare senza ansie, senza la necessità di avere tutto sotto controllo e di essere sempre visibili e connessi, però, è possibile (oltre che auspicabile, per non tornare più stressati di prima).
non significa gettarsi sul primo lastminute che ci passa per le mani, ma permetterci deliberatamente di sentirci un po' persi (e spersi), in vacanza.
così, magari anche solo per un breve weekend, potremmo provare a dimenticare l'onnipresente lonely planet per perderci nei luoghi che visitiamo.
mal che vada, c'è sempre l'ufficio turistico che non solo soddisferà i nostri irrefrenabili impulsi di orientamento con cartine di tutte le dimensioni, ma spesso riporterà attività, concerti, festival e tutti gli eventi che si svolgono nella città o nel paese che visitiamo.
noi così qualche settimana fa abbiamo visto i no banjo, a galway, per esempio.
per quanto riguarda il dove andiamo cosa facciamo chi siamo, per girare una città (con o senza bambini a carico) si può procedere con l'ormai collaudato gioco/metodo "andiamo a caso". come funziona? semplice. in gruppo (o in coppia, o in trio) ad ogni incrocio uno a turno sceglie la direzione da prendere, ispirato dalle ragioni più assurde. sconsigliamo questo metodo in città come san paolo e città del messico. il perdersi passerebbe dal poetico al letterale e finirebbe per non essere tanto divertente.
ovviamente il metodo a casaccio si può usare anche in auto. e sui pullman più scalcagnati, se riuscirete ad essere abbastanza convincenti con il conducente. noi così siamo riusciti a deviare il pulmino che ci portava da kaikoura a queenstown per vedere (ci tenevamo davvero! un insediamento di foche.
per quanto riguarda i ristoranti, la lonely planet non è la migliore consigliera. ecco, l'ho detto. noi con il metodo dell'andiamo a caso siamo invece finite in una stradina di cork su cui si affacciava l'amicus, che è diventato il nostro ristorante preferito, per colonna sonora e menu (lo consigliamo).
io dal canto mio mi colloco a metà tra i viaggiatori 2.0 e quelli che preferiscono perdersi per poi ritrovarsi. ho smesso di portare la guida con me ma uso gli uffici turistici e i consigli degli ostelli, tengo d'occhio i cartelloni che tappezzano i muri delle città che visito per scovare mostre interessanti e prima di partire do un occhio a last.fm per capire se ci sono concerti imperdibili. (a berlino pearl jam + gomez il 15 agosto e vetiver + beach house il 16, tanto per). l'unica fissazione rimasta sono i musei di arte contemporanea, che non mi perdo mai, in qualsiasi città mi trovi.
per una come me che ha la tendenza al controllo, viaggiare in questo modo è inebriante tanto quanto una canna. senza percorsi prestabiliti, senza destinazione nè direzione rimaniamo noi stessi: la nostra attenzione si acuisce, il nostro sguardo fissa più in profondità i ricordi, acquistano una nuova importanza i compagni di viaggio e i luoghi che attraversiamo cominciano a "parlarci".
durante l'anno, spendiamo la gran parte delle nostre giornate eseguendo ordini e portando a termine compiti che altri ci affidano, in una routine da cui non ci sforziamo (quasi mai) di evadere. perchè? perchè, ammettiamolo, è rassicurante avere una direzione precisa e uno scopo definito.
ma vogliamo davvero portare le nostre insicurezze mascherate da routine anche in viaggio?
in fondo non si parte per ritornare cambiati, anche se di poco?
vedete, per lasciarsi cambiare da un posto bisogna, però, permetterglielo.
c'è chi impazzisce e si sente smarrito senza una cartina in mano. c'è chi, per ogni monumento incrociato, ha bisogno di leggere le note storiche della guida ad alta voce, di fronte al suddetto monumento. chi non mangia fuori se il ristorante non è segnalato (dalla guida), chi conserva tutti gli scontrini per scrupolo e nostalgia, e chi - siccome nel 1985 si è trovato così bene - ritorna sempre nello stesso angolo di mondo.
ci sono poi quelli del 2.0. che fotografano, twittano, bloggano e tumblano. recensiscono, analizzano, editano e aggiungono frenetici i nuovi amici a facebook.
a ciascuno il suo, diceva sciascia.
viaggiare senza ansie, senza la necessità di avere tutto sotto controllo e di essere sempre visibili e connessi, però, è possibile (oltre che auspicabile, per non tornare più stressati di prima).
non significa gettarsi sul primo lastminute che ci passa per le mani, ma permetterci deliberatamente di sentirci un po' persi (e spersi), in vacanza.
così, magari anche solo per un breve weekend, potremmo provare a dimenticare l'onnipresente lonely planet per perderci nei luoghi che visitiamo.
mal che vada, c'è sempre l'ufficio turistico che non solo soddisferà i nostri irrefrenabili impulsi di orientamento con cartine di tutte le dimensioni, ma spesso riporterà attività, concerti, festival e tutti gli eventi che si svolgono nella città o nel paese che visitiamo.
noi così qualche settimana fa abbiamo visto i no banjo, a galway, per esempio.
per quanto riguarda il dove andiamo cosa facciamo chi siamo, per girare una città (con o senza bambini a carico) si può procedere con l'ormai collaudato gioco/metodo "andiamo a caso". come funziona? semplice. in gruppo (o in coppia, o in trio) ad ogni incrocio uno a turno sceglie la direzione da prendere, ispirato dalle ragioni più assurde. sconsigliamo questo metodo in città come san paolo e città del messico. il perdersi passerebbe dal poetico al letterale e finirebbe per non essere tanto divertente.
ovviamente il metodo a casaccio si può usare anche in auto. e sui pullman più scalcagnati, se riuscirete ad essere abbastanza convincenti con il conducente. noi così siamo riusciti a deviare il pulmino che ci portava da kaikoura a queenstown per vedere (ci tenevamo davvero! un insediamento di foche.
per quanto riguarda i ristoranti, la lonely planet non è la migliore consigliera. ecco, l'ho detto. noi con il metodo dell'andiamo a caso siamo invece finite in una stradina di cork su cui si affacciava l'amicus, che è diventato il nostro ristorante preferito, per colonna sonora e menu (lo consigliamo).
io dal canto mio mi colloco a metà tra i viaggiatori 2.0 e quelli che preferiscono perdersi per poi ritrovarsi. ho smesso di portare la guida con me ma uso gli uffici turistici e i consigli degli ostelli, tengo d'occhio i cartelloni che tappezzano i muri delle città che visito per scovare mostre interessanti e prima di partire do un occhio a last.fm per capire se ci sono concerti imperdibili. (a berlino pearl jam + gomez il 15 agosto e vetiver + beach house il 16, tanto per). l'unica fissazione rimasta sono i musei di arte contemporanea, che non mi perdo mai, in qualsiasi città mi trovi.
per una come me che ha la tendenza al controllo, viaggiare in questo modo è inebriante tanto quanto una canna. senza percorsi prestabiliti, senza destinazione nè direzione rimaniamo noi stessi: la nostra attenzione si acuisce, il nostro sguardo fissa più in profondità i ricordi, acquistano una nuova importanza i compagni di viaggio e i luoghi che attraversiamo cominciano a "parlarci".
durante l'anno, spendiamo la gran parte delle nostre giornate eseguendo ordini e portando a termine compiti che altri ci affidano, in una routine da cui non ci sforziamo (quasi mai) di evadere. perchè? perchè, ammettiamolo, è rassicurante avere una direzione precisa e uno scopo definito.
ma vogliamo davvero portare le nostre insicurezze mascherate da routine anche in viaggio?
in fondo non si parte per ritornare cambiati, anche se di poco?
vedete, per lasciarsi cambiare da un posto bisogna, però, permetterglielo.
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