marc augé definisce i nonluoghi in contrapposizione ai luoghi antropologici, quindi tutti quegli spazi che hanno la prerogativa di non essere identitari, relazionali e storici. fanno parte dei nonluoghi sia le strutture necessarie per la circolazione accelerata delle persone e dei beni, sia i mezzi di trasporto e i grandi centri commerciali.
così, se ho capito bene, è luogo tutto ciò che ha un'identità,
ed è non luogo ciò che sfugge al bisogno di identità, che anzi lo evita.
ma, marc, cosa succede quando i luoghi in cui ci si identificava perdono di colpo familiarità
e i non-luoghi dove non-siamo diventano invece familiari e ci aiutano a definirci?
questo, nei tuoi libri, mica lo spieghi.
così, se ho capito bene, è luogo tutto ciò che ha un'identità,
ed è non luogo ciò che sfugge al bisogno di identità, che anzi lo evita.
ma, marc, cosa succede quando i luoghi in cui ci si identificava perdono di colpo familiarità
e i non-luoghi dove non-siamo diventano invece familiari e ci aiutano a definirci?
questo, nei tuoi libri, mica lo spieghi.
4 comments:
succede che si ridefinisce tutto, che cambiano prospettive e punti di riferimento. insomma, si rimette tutto in discussione senza - eccessiva - paura.
(rimettere qualcosa o tutto in discussione e certi reset sono salutari, secondo me)
il paradosso dei non-luoghi. Il collassare su se stessi ?
penso che nei luoghi ci si rapporta con il luogo e con gli altri, ci si confronta, si entra in relazione. si va' in profondità nei luoghi, ci si muove in verticale, è il posto della luce e dell'ombra. nei nonluoghi ci si muove in orizzontale, quantità e non qualità di relazioni, la velocità conta. credo però esista un terzo luogo, di spazi residuali che tendono ad uno stato liquido, che resistono ad essere riclicati dai nonluoghi e che sono in contraddizione con i luoghi e dove, credo, si muove chi è alla ricerca di qualcosa/qualcuno/se stesso sapendo che oggi non si può più andare in profondità. e penso che nei nonluoghi è facile riconoscersi, identificarsi, perchè sono costruiti per questo. nei luoghi si deve andare in profondità, e questo non lo sappiamo più fare. zygmunt bauman (che penso tu abbia letto) e gilles clément. e te ne accorgi quando, di fronte Siza Viera, pensi alla maniglia in legno del cancello posteriore di una villa perduta tra i boschi a Normakku, Finlandia. e pensi che una cosa del genere, oggi, non si può più fare.
simo non ho parole. hai descritto alla perfezione quello che intendevo, grazie per lo splendido commento :)
stefigno: non il collassare su sè stessi, ma il perdersi tra luoghi e non luoghi, alla ricerca della propria identità ma contemporaneamente spaventati dall'idea di trovarla...no?
vale: reset salutarissimi, solo anche disorientanti..
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