lunedì 20 aprile 2009

it's cautiously into the dark, but you see before long that your eyes will adjust

marc augé definisce i nonluoghi in contrapposizione ai luoghi antropologici, quindi tutti quegli spazi che hanno la prerogativa di non essere identitari, relazionali e storici. fanno parte dei nonluoghi sia le strutture necessarie per la circolazione accelerata delle persone e dei beni, sia i mezzi di trasporto e i grandi centri commerciali.
così, se ho capito bene, è luogo tutto ciò che ha un'identità,
ed è non luogo ciò che sfugge al bisogno di identità, che anzi lo evita.
ma, marc, cosa succede quando i luoghi in cui ci si identificava perdono di colpo familiarità
e i non-luoghi dove non-siamo diventano invece familiari e ci aiutano a definirci?
questo, nei tuoi libri, mica lo spieghi.

4 comments:

valentina ha detto...

succede che si ridefinisce tutto, che cambiano prospettive e punti di riferimento. insomma, si rimette tutto in discussione senza - eccessiva - paura.
(rimettere qualcosa o tutto in discussione e certi reset sono salutari, secondo me)

Stefigno ha detto...

il paradosso dei non-luoghi. Il collassare su se stessi ?

S ha detto...

penso che nei luoghi ci si rapporta con il luogo e con gli altri, ci si confronta, si entra in relazione. si va' in profondità nei luoghi, ci si muove in verticale, è il posto della luce e dell'ombra. nei nonluoghi ci si muove in orizzontale, quantità e non qualità di relazioni, la velocità conta. credo però esista un terzo luogo, di spazi residuali che tendono ad uno stato liquido, che resistono ad essere riclicati dai nonluoghi e che sono in contraddizione con i luoghi e dove, credo, si muove chi è alla ricerca di qualcosa/qualcuno/se stesso sapendo che oggi non si può più andare in profondità. e penso che nei nonluoghi è facile riconoscersi, identificarsi, perchè sono costruiti per questo. nei luoghi si deve andare in profondità, e questo non lo sappiamo più fare. zygmunt bauman (che penso tu abbia letto) e gilles clément. e te ne accorgi quando, di fronte Siza Viera, pensi alla maniglia in legno del cancello posteriore di una villa perduta tra i boschi a Normakku, Finlandia. e pensi che una cosa del genere, oggi, non si può più fare.

Rachele ha detto...

simo non ho parole. hai descritto alla perfezione quello che intendevo, grazie per lo splendido commento :)

stefigno: non il collassare su sè stessi, ma il perdersi tra luoghi e non luoghi, alla ricerca della propria identità ma contemporaneamente spaventati dall'idea di trovarla...no?

vale: reset salutarissimi, solo anche disorientanti..

 
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