lunedì 31 gennaio 2011

in cui compro ergo sum

sabato ho dovuto mettere piede in un grosso centro commerciale perché ero alla ricerca di due banalissime pile 2032 della energizer, esaurite ovunque (se le trovate, compratele e speditemele). il centro commerciale era tragicamente pieno di persone che non erano lì solo per comprare, ma soprattutto per passare il tempo.

come faccio a saperlo? dal modo in cui trascinavano i piedi: shaun of the dead docet.

ho resistito il giusto per notare con sommo rammarico e un pizzico di sorpresa che anche il centro commerciale (come leroy merlin, castorama e darty) aveva esaurito le 2032: il mondo sta per finire e c’è una navicella spaziale che ci salverà tutti che va a pile 2032. e nessuno mi ha detto niente?

ma n’è le 2032 né il centro commerciale sono il punto di questo post sconclusionato scritto in 15 minuti, prima di mettermi al lavoro sul serio. il punto sta a metà tra le pile 2032 e il centro commerciale, ovvero nel momento in cui ho realizzato - mentre le vetrine gridavano saldi - che non avevo bisogno di comprare nulla.

tranne le dannatissime 2032, s'intende.

non so come, non so perchè (considerato che lavoro per un magazine di moda) e non so quando il mio corpo ha rimosso dai suoi istinti primordiali quello all'acquisto selvaggio, e quando mi ritrovo in un centro commerciale, in una via del centro di milano, in un negozio, sono quasi a disagio, infastidita dall'idea di cose da provare, prezzi da confrontare, risultati estetici da valutare.

così ho scommesso con me stessa che da domani e per un mese proverò a non comperare nulla. sono esclusi il cibo, le cazzo di pile 2032 - ammesso che io le trovi, l'abbonamento dei mezzi e beni non materiali (vedi alla voce biglietti del cinema dove no, non comprerò pop corn o m&ms).

la riflessione, a esser sincera, non è nata sabato al centro commerciale. ma quando ho cominciato, con l'inizio del nuovo anno, a prenotare libri e dvd in biblioteca come se non ci fosse domani (come se il mondo finisse domani, anzi, e l'unico modo per salvarsi fosse leggere libri senza spendere un soldo e senza rubarli).

ora, è vero, a milano abbiamo la sormani, ma la biblioteca del mio paese è molto più modesta di così. ha in tutto una decina di scaffali e i libri sono in disordine e, francamente, il catalogo è pessimo e non aggiornato. ma la mia biblioteca, come scommetto quasi tutte quelle italiane, ha alcuni preziosissimi punti di forza che forse vale la pena ricordare, in caso foste convinti che i libri si possono solo comprare:

  1. le biblioteche italiane sono gratuite: gratuita l'iscrizione, gratuito il prestito dei libri, gratuita la consultazione dei libri che non si possono portare a casa, in molte ora c'è anche la possibilità di noleggiare dvd e cd (da noi c'è tutto heimat, per esempio.e sì, maura, questa parentesi era per te);
  2. le biblioteche italiane sono consorziate, ciò significa che molte sono raggruppate sotto un unico 'tetto' che permette loro, tra le altre cose, di condividere i loro cataloghi. il nostro è consultabile online qui e praticamente moltiplica a livello esponenziale la scelta di titoli che avevo partendo dalla mia misera biblioteca di paese;
  3. le biblioteche hanno libri vecchi. la feltrinelli no. e nemmeno la mondadori. e nemmeno la fnac.
  4. è vero, la fnac ha l'ultimo di verdena e tutto the west wing a portata di carta di credito, ma le biblioteche sono così ingenue da permettere ai propri utenti di richiedere l'acquisto di un prodotto che non c'è in catalogo. e se la mia biblioteca ha in catalogo 100 colpi di spazzola di melissa p non vedo perchè non dovrebbe comprarmi anche encounters at the end of the world di werner herzog. o the west wing. sui verdena sospendo il giudizio, non sono imparziale, quando si tratta di musica italiana.
le biblioteche sono una delle risorse più preziose e più ignorate d'italia (quanti di voi le frequentano e quanti invece spendono euro su euro alla feltrinelli?). perchè? perchè il popolo italiano sta diventando più consumista e individualista degli americani. mentre quelli là, guidati da obama e da una povertà dilagante, riscoprono la condivisione (cohousing, per fare un nome a caso) noi vogliamo possedere: cose, persone, spazi, leggi, interi governi. sentimenti.

vogliamo che il mondo sia di nostra proprietà. esclusiva.

l'economia dell'ambiente su questo punto è molto chiara: in un sistema (la terra) con risorse e spazi finiti non è possibile aumentare la produzione di smartphone finchè non ci usciranno dalle orecchie, perchè le nostre orecchie saranno gli unici posti rimasti dove metterceli, i dannatissimi smartphone. l'economia dell'ambiente, le biblioteche e pure quei poveretti dei comunisti l'hanno capito da un pezzo. il problema è che nessuno studia l'economia dell'ambiente, nessuno crede più nel comunismo e, soprattutto, nessuno usa più le biblioteche.

tutti al centro commerciale, invece.

9 comments:

Byron ha detto...

Quindi sarebbe un segno che il mondo finirà nel 2032? In questo caso vedi di recuperare sia tutto The West Wing che tutto Heimat (1, 2 e 3). Poi secondo me sei a posto, anzi ti dirò che io mi sento quasi sollevata.

(PS: io continuo a pensare che tanta gente spenda soldi alla Feltrinelli per poter avere i libri da mettere in mostra, mica per leggerli.)

Anonimo ha detto...

Vengo spesso assalita dalla sensazione di non aver bisogno di comprare nulla. In fondo quello di cui abbiamo davvero bisogno non può essere comprato, fortunatamente.

Ogni tanto torno a leggerti.

Ma oggi che qualcuno mi ha fatto notare come ci sia assoluto bisogno di un soggetto, un predicato e un complemento per capirsi, mi sono chiesta -e rigiro a te la domanda :) -è davvero questo che ci serve per comunicare? Cosa ci serve per riuscire a capirci? Basta una buona analisi grammaticale a fare del detto non solo parole che si perdono?

Rachele ha detto...

il mondo finirà nel 2032 e io non avrò ancora le pile per la mia bilancia! ARGH. stronzate a parte, comprare - anche i libri, anche la cultura - è diventato uno status symbol. più dei beni che compri, devi comprare, ma la cultura non è prima di tutto condivisione?

heimat appena mi rompo la schiena ancora lo prenoto. richiede tempo e concentrazione :P

anonimo: per comunicare ci vuole molto più e molto meno di un soggetto + predicato + complemento oggetto. analisi grammaticale a parte, penso che sempre meno persone siano consce del fatto che comunicare non è un'azione a senso unico, ma sempre bidirezionale, e proprio perchè tale richiede una grande attenzione alla scelta delle parole (nostre e altrui). spero d'aver centrato la risposta :)

Byron ha detto...

A propositi di cultura, di condivisione, e di cose bidirezionali, hai letto la risposta di Nicholas alla mia condivisione dell'articolo del Guardian sulla cultura delle balene? (L'articolo è linkato in alto, ed è magnifico http://superfluidity.tumblr.com/day/2011/01/30)

Se posso invece rispondere all'Anonimo anche io (perché la domanda è bellissima), io penso che per comunicare la cosa fondamentale siano due soggetti, non uno. Da soli non si comunica niente. Senza verbi o complementi oggetti invece si può comunque comunicare tanto.

toppe ha detto...

Io sono una fan delle biblioteche. La mia economia negli acquisti non è dovuta nemmeno tanto a tirchieria o a preoccupazioni ambientaliste, ma a mere considerazioni spaziali: se compro libri, i miei scaffali PRIMA O POI si riempiranno. Ed è probabile che non rileggerò mai più il 90% dei libri.
In più, se compro un libro e poi non mi piace? Quindi, viva le biblioteche.

Anonimo ha detto...

La bidirezionalità è fondamentale, siamo d'accordo.
Il messaggio che però questa persona mi ha lanciato è: se vuoi che ti capisca, pronuncia una frase grammaticalmente compiuta (quindi intendeva lettralmente: soggetto, predicato, complemento).. su questo mi interrogavo..
non sarà che al posto di frasi grammaticalmente compiute ci vogliono anime necessariamente affini? Si comunica davvero se si condivide (non il pensiero necessariamente, ma quello che si è vissuto). L'esperienza ci unisce, le parole invece ci possono al più avvicinare, credo. Per capirsi davvero però è sufficiente avvicinarsi e basta?

A Byron grazie per la risposta :) e a Rachele grazie per la risposta e scusa per aver 'lanciato' questa domanda decisamente fuori tema rispetto all'articolo ;)

Rachele ha detto...

toppe: esattamente! i miei scaffali sono già pieni. e quindi ora compero solo se non trovo in biblioteca :)

anonimo: non penso che al mondo ci si possa capire solo se affini, per il semplice motivo che l'affinità è precaria e soprattutto temporanea. la più grande fatica e la più grande soddisfazione è cercare di capire l'altro, con la consapevolezza che ogni parola che pronunciamo arriva al nostro interlocutore in modo diverso. sta a noi metterci nei suoi panni, imparare a conoscere la sua 'analisi grammaticale' per avvicinare le nostre parole alle sue.

Alliandre ha detto...

Ciao, capito qui per caso solo oggi, seguendo un link postato su Tumblr.
Provo sempre più spesso le tue stesse sensazioni entrando nei centri commerciali, e anche io ho rispolverato la tessera della biblioteca (paradossalmente, subito dopo aver ordinato il Kindle, che terrò per gli "assolutamente introvabili, i.e. mai tradotti".)
Se trovo uno stock di 2032 le metto da parte, sono sempre introvabili, secondo me c'è in giro un cyborg che funziona a 2032 e le requisisce giornalmente da tutti i punti vendita grandi e piccoli... l'altro giorno ad esaurirsi è stato il termometro digitale, proprio in piena febbre del pargolo, argh.

Rachele ha detto...

le 2032 sono impossibili da trovare, dovrei iniziare a stoccarle anche io. quanto ai libri, il kindle mi attira moltissimo, ma finchè ci saranno le biblioteche continuerò con loro, credo :)

 
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