i motivi per cui l'ho visto sono essenzialmente due:
- lavoro (già) (dovrò scrivere una recensione positiva) (sarà dura)
- eddie vedder
detto questo mangia, prega, ama (il film) è riuscito nell'ardua impresa di essere peggio di mangia, prega, ama (il libro). come? semplice: puntando sull'effetto quilt che - però - caro ryan murphy, non funziona al cinema, ma solo sulle coperte.
così un minuto prima julia roberts è a roma a divorare un piatto di spaghetti al sugo con luca spaghetti (ah ah. ah.) e un momento dopo sfreccia tra le vie dell'india. e proprio quando riesce a raggiungere dio ballando con il fantasma del suo ex marito... zac! si catapulta a bali, rinomata capitale dell'amore. ah no, quella è parigi. beh secondo liz gilbert bali è la nuova parigi.
per chi non la conoscesse, questa è la trama: liz/julia dopo essere stata sposata 8 anni con il suo primo marito (billy crudup nel film) lo pianta (perchè lui ha tanti sogni ma non ne sa scegliere uno: mavaffanculo) e si mette con l'attore (anche nel film come nella vita!) james-faccia-da-tonno-franco. che però la rende infelice e la fa piangere tantissimo. quindi decide di punto in bianco di partire per un anno. le destinazioni: Italia, India, Indonesia. I: come "I" che in inglese vuol dire io. che emozione accorgertene solo al ritorno e metterlo nella prefazione del libro! tanto lo sappiamo che l'hai fatto apposta, liz.
ma glissiamo. e torniamo sul liz, che parte.
e finisce in italia. 4 mesi.
l'idea, se ci pensate, è ottima: 4 mesi in un paese straniero ti permettono di guardarlo con occhi non più da turista. impari a muoverti, a conoscerne la lingua. è un'ottima idea, davvero. brava liz, ti sarò ancora più grata tra un anno, prometto.
ma liz con l'italia intera ai suoi piedi cosa fa: si ingozza di gelati e spaghetti a roma e va una volta, UNA volta a napoli a mangiare la pizza da michele. a questo punto il viaggiatore medio comincia a sospettare che liz, della vita, non abbia capito una mazza.
e la prima conferma c'è quando liz parte per l'india per chiudersi 4 mesi in un ashram a meditare. alla ricerca di dio.
(ma dio è dentro di me) (e ti ci volevano 4 mesi per capirlo?) (leggere nietzsche no eh?).
l'india di liz è colorata, profumata, ordinata. nessuno muore di fame, l'infelicità non sfiora il paradiso in terra dell'ashram. l'india è morta, lunga vita all'india (da cartolina).
dopo aver mangiato (in italia) e pregato (in india), liz pensa che sia venuto il momento di - tah dah - amare. per diamine.
ma come farò ad amare me stessa amando un uomo senza sminuire il mio ego che a questo punto è diventato sconfinato avendo aggiunto alla sua I di io quella di Italia, India e Indonesia?
ci pensa javier bardem che, a essere sincera, è l'unica cosa davvero spassosa di questo film.
perchè? perchè interpreta il brasiliano felipe che però è doppiato come fosse nato al confine tra piemonte e liguria. uno spasso.
javier/felipe fa innamorare julia/liz prima investendola con la sua jeep e poi a colpi di cassettine con samba & le migliori hit di phil collins. sguardi languidi? come piovessero.
lieto fine scontato e tutti a casa.
se non fosse che eddie vedder chiude con better days il film e allora sto seduta insofferente. perchè quando canta eddie tu stai. dovunque tu ti trovi. rimani.
ora, veniamo al dunque: perchè mangia, prega, ama è un brutto film?
oltre all'effetto quilt che lo trasforma in un collage di cartoline piene di cliché, è un brutto film perchè è il contrario del (mio) significato di viaggiare.
è vero, liz passa 1 anno in giro per il mondo. ma in luoghi "protetti": in una casa in centro a roma con come migliore amica una svedese, in un ashram indiano pagato profumatamente e, infine, in un paradiso di casa a bali, circondata da australiani, brasiliani, americani e - in ultimo - balinesi che sono la caricatura di se stessi: il santone sdentato e la guaritrice povera a cui liz donerà i soldi per comperarsi una casa.
viaggiare è mettere in discussione il proprio mondo e la propria persona. è smarrirsi, fisicamente e metaforicamente. per poi ritrovarsi. e per poi smarrirsi di nuovo, in un percorso che non ha mai fine, perchè non appena cerchiamo di definire la nostra persona questa cambia, si evolve, sfugge.
viaggiare è soprattutto vivere un luogo e diventare permeabili a quel luogo. lo spettatore quel permearsi che di certo liz ha vissuto non lo vede: vede caricature di personaggi italiani guidare renault d'epoca (almeno per una volta ci hanno risparmiato i mandolini, bisogna riconoscerlo), indiani forse 2 e balinesi imbarazzanti. come sei cambiata liz? cosa ti ha permesso di ritrovare il tuo equilibrio?
le tue esigenze sono le esigenze di tutti noi: trovare un luogo da chiamare casa e una persona da amare. bisogni (quasi) primari per tutti.
raccontaci la tua ricerca, ci interessa. siamo disposti ad ascoltare perchè siamo immersi nella tua stessa ricerca.
ma non rifilarci la versione edulcorata di un percorso che tutto è fuorchè così lineare.
non sarà proprio un caso, allora, se i motivi che mi fanno bocciare mangia prega ama mi hanno fatto amare così profondamente into the wild.
ps. la recensione la scrive meglio di me (ovviamente) roger ebert sul chicago sun times:
così un minuto prima julia roberts è a roma a divorare un piatto di spaghetti al sugo con luca spaghetti (ah ah. ah.) e un momento dopo sfreccia tra le vie dell'india. e proprio quando riesce a raggiungere dio ballando con il fantasma del suo ex marito... zac! si catapulta a bali, rinomata capitale dell'amore. ah no, quella è parigi. beh secondo liz gilbert bali è la nuova parigi.
per chi non la conoscesse, questa è la trama: liz/julia dopo essere stata sposata 8 anni con il suo primo marito (billy crudup nel film) lo pianta (perchè lui ha tanti sogni ma non ne sa scegliere uno: mavaffanculo) e si mette con l'attore (anche nel film come nella vita!) james-faccia-da-tonno-franco. che però la rende infelice e la fa piangere tantissimo. quindi decide di punto in bianco di partire per un anno. le destinazioni: Italia, India, Indonesia. I: come "I" che in inglese vuol dire io. che emozione accorgertene solo al ritorno e metterlo nella prefazione del libro! tanto lo sappiamo che l'hai fatto apposta, liz.
ma glissiamo. e torniamo sul liz, che parte.
e finisce in italia. 4 mesi.
l'idea, se ci pensate, è ottima: 4 mesi in un paese straniero ti permettono di guardarlo con occhi non più da turista. impari a muoverti, a conoscerne la lingua. è un'ottima idea, davvero. brava liz, ti sarò ancora più grata tra un anno, prometto.
ma liz con l'italia intera ai suoi piedi cosa fa: si ingozza di gelati e spaghetti a roma e va una volta, UNA volta a napoli a mangiare la pizza da michele. a questo punto il viaggiatore medio comincia a sospettare che liz, della vita, non abbia capito una mazza.
e la prima conferma c'è quando liz parte per l'india per chiudersi 4 mesi in un ashram a meditare. alla ricerca di dio.
(ma dio è dentro di me) (e ti ci volevano 4 mesi per capirlo?) (leggere nietzsche no eh?).
l'india di liz è colorata, profumata, ordinata. nessuno muore di fame, l'infelicità non sfiora il paradiso in terra dell'ashram. l'india è morta, lunga vita all'india (da cartolina).
dopo aver mangiato (in italia) e pregato (in india), liz pensa che sia venuto il momento di - tah dah - amare. per diamine.
ma come farò ad amare me stessa amando un uomo senza sminuire il mio ego che a questo punto è diventato sconfinato avendo aggiunto alla sua I di io quella di Italia, India e Indonesia?
ci pensa javier bardem che, a essere sincera, è l'unica cosa davvero spassosa di questo film.
perchè? perchè interpreta il brasiliano felipe che però è doppiato come fosse nato al confine tra piemonte e liguria. uno spasso.
javier/felipe fa innamorare julia/liz prima investendola con la sua jeep e poi a colpi di cassettine con samba & le migliori hit di phil collins. sguardi languidi? come piovessero.
lieto fine scontato e tutti a casa.
se non fosse che eddie vedder chiude con better days il film e allora sto seduta insofferente. perchè quando canta eddie tu stai. dovunque tu ti trovi. rimani.
ora, veniamo al dunque: perchè mangia, prega, ama è un brutto film?
oltre all'effetto quilt che lo trasforma in un collage di cartoline piene di cliché, è un brutto film perchè è il contrario del (mio) significato di viaggiare.
è vero, liz passa 1 anno in giro per il mondo. ma in luoghi "protetti": in una casa in centro a roma con come migliore amica una svedese, in un ashram indiano pagato profumatamente e, infine, in un paradiso di casa a bali, circondata da australiani, brasiliani, americani e - in ultimo - balinesi che sono la caricatura di se stessi: il santone sdentato e la guaritrice povera a cui liz donerà i soldi per comperarsi una casa.
viaggiare è mettere in discussione il proprio mondo e la propria persona. è smarrirsi, fisicamente e metaforicamente. per poi ritrovarsi. e per poi smarrirsi di nuovo, in un percorso che non ha mai fine, perchè non appena cerchiamo di definire la nostra persona questa cambia, si evolve, sfugge.
viaggiare è soprattutto vivere un luogo e diventare permeabili a quel luogo. lo spettatore quel permearsi che di certo liz ha vissuto non lo vede: vede caricature di personaggi italiani guidare renault d'epoca (almeno per una volta ci hanno risparmiato i mandolini, bisogna riconoscerlo), indiani forse 2 e balinesi imbarazzanti. come sei cambiata liz? cosa ti ha permesso di ritrovare il tuo equilibrio?
le tue esigenze sono le esigenze di tutti noi: trovare un luogo da chiamare casa e una persona da amare. bisogni (quasi) primari per tutti.
raccontaci la tua ricerca, ci interessa. siamo disposti ad ascoltare perchè siamo immersi nella tua stessa ricerca.
ma non rifilarci la versione edulcorata di un percorso che tutto è fuorchè così lineare.
non sarà proprio un caso, allora, se i motivi che mi fanno bocciare mangia prega ama mi hanno fatto amare così profondamente into the wild.
ps. la recensione la scrive meglio di me (ovviamente) roger ebert sul chicago sun times:
In Italy, she eats such Pavarottian plates of pasta that I hope one of the things she prayed for in India was deliverance from the sin of gluttony.lunga vita a roger ebert.
6 comments:
perchè Eddie si presta a questi filmacci insulsi?
mah
la mia unica risposta plausibile è: ha due figlie a cui pagare l'università.
(better days è tremenda, ma a eddie gli perdono tutto)
ahah, bellissima recensione con bonus-viaggi. me l'ero dimenticato che usciva sto film e ora sicuramente tornerò a dimenticarmene.
grazie cidindon. dimenticarsene sarà facilissimo, hai ragione. un po' meno dimenticarsi dell'orrore zen di better days. urge ri-ascolto in loop di backspacer temo.
a me è piaciuto (il libro). il film lo vedrò in settimana. ho letto molte critiche che lo stroncano ma per me è sbagliato l'approccio. non è un libro da pulitzer, lo si deve prender per quello che è. un libro piacevole di viagg,una autobiografia di una scrittrice americana. certo che sarà pieno di cliche, certo che sarà banalotto. però delle risate le strappa e in generale, è comunque scritto bene. la parte in india l'ho trovata ammetto noiosetta, ma la parte italiana mi è molto piaciuta. vado a vedere il film con l'idea di vedermi una bella commedia con una grande attrice come julia roberts. nè piu nè meno. cerca di vederlo in quest'ottica e son sicura che gli darai meno contro :)
isabella, anche io ho letto il libro e l'ho trovato "piacevole", il film però è peggio del libro, sfortunatamente. mal girato (voce fuori campo fastidiosa, stacchi bruschi) e pieno di clichè. ma fammi sapere che te ne pare!
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