giovedì 1 aprile 2010

in cui la resistenza vuol dire futuro

(Alessandro Portelli)
Insistere sulla Resistenza oggi non è questione di nostalgie, nè di combattere sulla carta le battaglie armate di settant’anni fa.

E’ questione di capire dove possiamo andarla a cercare oggi quella speranza, quel domani, quella storia, e con quali strumenti e quali simboli.

Resistenza non significava passato, significava futuro (sono al futuro i verbi di quasi tutti gli inni proletari e di tante canzoni partigiane): ma è proprio il futuro quello di cui oggi sentiamo la mancanza.

Arroganza del potere e rassegnazione dell’opposizione convergono: cancellare o dimenticare la Resistenza significa affermare o accettare che il mondo non cambierà mai, che il potere starà sempre nelle stesse mani, che noi non possiamo fare altro che adattarci e rassegnarci a tirare avanti, ciascuno come può.

E aggiungerei: per vivere così, non c’è bisogno di conoscenza.

Possiamo far sparire la geografia dalle scuole, ridimensionare la letteratura nelle università, immiserire la storia, impoverire la lingua.

E saremo sudditi disponibili e muti, senza visioni di altri mondi, altri luoghi, altri tempi.

(non si scherza, oggi)
sarà poi un caso che nella stessa edizione del manifesto (1 aprile) si riporta del suicidio di un panettiere di sessant'anni, licenziato dal panificio in cui lavorava (in nero) perchè troppo vecchio.
di fronte a un licenziamento una volta si faceva - collettivamente - muro e protesta, ora ci si arrende.
peggio: ci si suicida.

2 comments:

dfs ha detto...

bellissimo il parallelo tra resistenza e futuro.

grazie per averlo riportato!

e solidarietà alla famiglia del panettiere

Rachele ha detto...

grazie jacopo, ovviamente è di portelli il merito!

 
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